Solidarieta' e resilienza

Dal “centro-sinistra” arrivano, per le elezioni del sindaco, proposte (Lo Russo) per un rilancio di Torino, in breve sintesi: politica “forte” che sappia conciliare interessi molto distanti, tra i torinesi, nel quadro di un riformismo tecno positivista.

Un simile disegno quale tasso di credibilità può avere? La realtà odierna, ma anche degli ultimi decenni, nazionale e planetaria, ci parla di un perdurante stato di ripetute crisi: economiche, sociali-lavorative, AMBIENTALI! (Ovviamente fortemente intrecciate tra loro). Si può ancora pensare ad una svolta che porti ad un prima, se non addirittura ad un “meglio di prima”?

Anche Torino, causa la profonda crisi del manifatturiero, è stata incanalata, a partire soprattutto negli ultimi trent’anni, nel solco dell’industria del turismo e del “divertimentificio”, notturno in particolare. Terreno assai infido, come sciaguratamente sta mettendo in luce la pandemia di Covid-19, popolato da attività fortemente vulnerabili (socialmente e ambientalmente: inquinamenti vari, compreso quello acustico) caratterizzato da lavori fortemente precari (rider, tanto per citarne uno).

Di fronte ad una perdurante riproposizione di: tecnologia, big data, alta velocità, che cosa può rispondere una sinistra che, abbandonate le fallimentari (elettoralmente, e non solo) visioni nostalgiche di modelli che specialmente sulle tematiche ambientali si sono rivelati in fortissimo ritardo, voglia affrontare l’arduo cammino: locale, nazionale, globale, di una (ri)progettazione politica, baricentrata sull’intima connessione tra lavoro e ambente, nella consapevolezza che tale connessione esclude visioni verdi-naif così come il greenwashing?

La realizzazione di quanto possa promuovere la solidarietà, in contrasto con tutti quei meccanismi che attizzano il fuoco distruttivo delle disuguaglianze, credo sia meritevole di approfondite disamine e discussioni, evitando inconcludenti “menare il can per l’aia”, da parte di chi pensi di attivarsi per promuovere l’aggregazione di forze capaci di parlare ad una vasta schiera di elettori ed elettrici.

Si tratta pertanto di porre in discussione, anzitutto tra gli aderenti a Torino Eco Solidale percorsi programmatico-operativi tali da poter essere sintetizzati in un progetto politico-territoriale.

Naturalmente detto progetto non può non essere inquadrato in un disegno politico più vasto (regionale, nazionale) nell’ambito del quale avvenga una chiara indicazione tanto di come si debbano reperire le necessarie risorse economiche ed umane quanto di come vada gestito il loro impiego. Vedi le questioni dell’equità fiscale, del controllo antievasione, del carattere temporaneo oppure strutturale degli interventi inerenti il fisco.

Ritornando al livello cittadino, nella fondata convinzione che l’attuale modello economico-sociale non può che riproporre condizioni varie di crisi, occorrerebbe esaminare in che cosa possa tradursi il binomio solidarietà-resilienza nella realtà economico-sociale torinese.

Grande importanza credo debba essere attribuita all’idea di resilienza intesa come connubio tra solidarietà e prudenza. Mettendo conseguentemente in gioco l’architettura amministrativa della Città (organismi di governo e regolamenti, in particolare) orientata alla riduzione dei rischi e al superamento efficace delle emergenze (di vario tipo, con attenzione particolare all’invecchiamento della popolazione).

E’ palese quanto uno dei principali fattori di rischio sia costituito dal lavoro, senza per questo voler trascurare le problematiche ambientali . Un lavoro che svanisce definitivamente (manifattura che de-localizza; negozi di prossimità cancellati dalla grande distribuzione) o fortemente precario quale quello legato allo sproporzionato numero di bare ristoranti.

Utile potrebbe essere partire dalla disamina della composizione sociale del territorio. A Torino si stimano, ciascuno, intorno al 15% i single, gli anziani e gli stranieri (insiemi ovviamente non disgiunti). Evidentemente le strategie da mettere in campo non potrebbero che essere fortemente condizionate da detto tessuto sociale, oltre che dalla presenza di una forte precarietà citata in precedenza.

Un reale decentramento (dotato di cospicue risorse!) potrebbe rendere quelle che oggi si chiamano circoscrizioni epicentri di raccordo tra le istanze della fasce di popolazione più deboli, in particolare, ma anche di raccolta delle sensibilità ambientali di strati di popolazione in condizioni di non indigenza. In quel contesto utile sarebbe l’incontro, strutturale!, collaborativo tra giovani ed anziani (drammaticamente urgente di fronte alla pandemia Covid-19). Anche il mondo della scuola potrebbe essere inserito in tale disegno.

Concludo. Di fronte a chiamate pro-Tav in nome di una astratta visione ardimentosa della crescita, crescita che i fatti continuano a testimoniare essere foriera di devastanti disuguaglianze, sarebbe utile esaminare quale equilibrio debba instaurarsi tra intervento pubblico e intervento privato. Un permanente servizio civile obbligatorio, retribuito!, un po’ nell’ottica della flexicurity, potrebbe essere garanzia di continuità occupazionale (e reddituale) nel caso in cui il lavoro nel privato venisse a mancare.

So di proporre una tematica che necessita del contributo di esperti in svariati campi per poter essere proposta realisticamente. Mi permetto di ricordare come se tale disegno trovasse concreta attuazione il problema della formazione permanente di ciascun cittadino indurrebbe a scelte mirate a sviluppare competenze, per la cura del territorio ad esempio, e senso di responsabilità. La sensibilità ambientale verrebbe indissolubilmente legata alla sensibilità sociale.

Giancarlo Chiusano