Il programma in pillole: 4. Le periferie

A 23 anni di distanza dal varo del “Progetto Speciale Periferie” voluto da Valentino Castellani e dall’allora assessore Eleonora Artesio ci ritroviamo al punto di partenza o forse anche qualche passo più indietro, di quel progetto ambizioso e di grande utilità che era cominciato con la riqualificazione di via Artom non è rimasto più nulla, totalmente abbandonato dalle giunte di centro sinistra e dalla giunta pentastellata che si sono susseguite nel tempo, gli sforzi di riqualificazione si sono concentrati in questi anni in parte nella zona centro (quadrilatero) e in parte in San Salvario, e se da un lato hanno reso tali aree più attraenti come effetto collaterale hanno spinto le sacche di disagio, povertà ed emarginazione verso le periferie, un po’ come alzare il tappeto e nascondere la polvere.
Di fatto negli ultimi anni si sono delineate due città diverse nello stesso comune, una di serie A e una di serie B.
La città di serie B è la città dove i servizi sono insufficienti, palazzine e alloggi fatiscenti, mancano centri di incontro e culturali, è la città dove i penultimi sono spinti all’avversione nei confronti degli ultimi portando pericolosamente la Città a B a problematici conflitti sociali.

Chiediamo innanzitutto equilibrio e pari opportunità

- Un piano edilizio che comporti l’abbattimento di palazzi fatiscenti e vetusti (come si fece in via Artom) lo stop a nuovi permessi di costruzione ed agevolazioni alle ristrutturazioni e ricostruzioni a impatto zero;
- Una revisione totale del sistema di alloggi pubblici: la creazione di intere palazzine esclusivamente nelle periferie e a totale destinazione delle classi disagiate crea ghettizazione e presta il fianco al reclutamento in attività illegali. Un buon esempio di progetto per le abitazioni popolari è stato sperimentato in alcune importanti città Europee dove vengono concessi permessi di edilizia privata a condizione che parte di essa venga destinata ad abitazioni pubbliche al fine di creare quartieri omogenei favorendo e accelerando l’integrazione tra ceti sociali ed etnie diverse;
- Il cambio d’uso di destinazione dei fabbricati dismessi e l’utilizzo di beni comuni a fini sociali, abbiamo bisogno di centri d’incontro, centri culturali, ambulatori, scuole, uffici pubblici, biblioteche, aule studio;
- Una totale riqualificazione commerciale: Basta ipermercati e supermercati, saranno sicuramente utili alle casse del comune nell’immediato ma hanno drasticamente danneggiato il commercio di prossimità, i mercati rionali stanno scomparendo e i posti di lavoro stabili sono stati sostituiti da i posti precari e a bassa remunerazione della grande distribuzione. Inoltre la scomparsa del commercio di vicinato rende meno vivo il quartiere abbassandone il livello di sicurezza, una città viva con una buona distribuzione di attività è più sicura.