Il programma in pillole: 2. Ambiente e sostenibilita'

2.1 Cambiamenti climatici

Non si può non partire dai cambiamenti climatici, visti i fatti accaduti ad ottobre, con impressionanti cadute d’acqua in poche ore, che, aggiunte all’incuria ed alla costruzione di case in riva ai torrenti, hanno portato la solita devastazione che ormai vediamo sempre più ravvicinate, anche, purtroppo, con costi di vite umane oltre che economici.

Incuria del territorio, cementificazione, quindi impermeabilizzazione dei terreni, amplificano gli effetti delle calamità atmosferiche.

In più l’aumento costante della temperatura, e, di conseguenza, lo scioglimento progressivo dei ghiacciai e delle calotte polari, e l’aumento del livello dell’acqua nei mari, sono segnali che non andrebbero trascurati. Nei vari meeting mondiali sull’ambiente si sono prese anche ottime decisioni per combattere il fenomeno: peccato però che molti paesi non abbiano sottoscritto quegli accordi, in primis gli Stati Uniti, tra i maggiori responsabili della situazione: speriamo in Biden!

2.2 Torino maglia nera per lo smog

Dagli ultimi dati rilevati da Legambiente risulta che Torino è ancora tra le città più inquinate, evidentemente perché le misure fin qui prese non si sono dimostrate sufficienti. Andrebbero presi provvedimenti importanti, come già avvenuto in moltissime città europee, per potenziare l'intermodalità, il servizio pubblico, la ciclabilità.

Occorre un cambiamento profondo di mentalità: che senso ha ancora portare i figli a scuola in auto creando ingorghi incredibili davanti alle stesse e facendo respirare ai ragazzi un’aria pestifera?

Così, chi arriva a Torino da fuori, 300.000 auto al giorno stimate, dovrebbe avere l’opportunità di spostarsi in treno, pullman, metro e bus, e, perché no, bicicletta. Proprio su quest’ultima, nonostante ultimamente si sia operato in merito, con polemiche atroci, spesso futili e tendenziose, vogliamo dare un dato: la media dell’utilizzo della bici in Europa è dell’8% sulla popolazione, con punte del 60-70% in alcune città del Nord; ebbene, l’utilizzo della bici in Italia è dello 0,5%! Quanto lavoro si deve ancora fare!

Ci sarebbe ancora molto da dire sulla ZTL, sulle pedonalizzazioni, sulle zone 30, perché un insieme organico di interventi potrebbe fare la differenza, convincendo molti a lasciare a casa l’auto. Ed a proposito di auto, anche in Italia dovremmo incominciare a pensare all’auto come servizio e non come possesso, visto che da noi c’è la media più alta delle auto possedute, 2 ogni 3 persone, e Torino primeggia anche in questo, insieme a Catania.

È vero che l’inquinamento non è prodotto soltanto dal traffico, ma anche dal riscaldamento e da altre attività umane: allora, che cosa aspettiamo a fare interventi di coibentazione, di cappottature delle case, dell’utilizzo del fotovoltaico abbinato alle pompe di calore, che, ad emissioni zero, possono riscaldare d’inverno e raffrescare d’estate? Sarebbe un risparmio energetico non indifferente, che creerebbe anche un bel po’ di posti di lavoro!

2.3 Raccolta differenziata e corretta gestione dei rifiuti (relazione integrata con il contributo arrivato dal Forum Rifiuti Zero)

L’attuale amministrazione ha conseguito scarsi risultati rispetto alle loro “promesse programmatiche”, fino a giungere alla vendita dell’anima ad IREN.

Eppure in questi anni le associazioni si sono impegnate nel contribuire a costruire un progetto “per una corretta gestione rifiuti”, presentato al Comune che a parole lo aveva adottato.

Soltanto a parole, appunto, perché gli ultimi eventi dimostrano il contrario. La vendita delle quote del TRM e l’esaltazione della sostituzione della raccolta differenziata porta a porta con quella di prossimità delle Eco-isole, sono la dimostrazione della resa al privato, concludendo la parabola iniziata dalla precedente amministrazione.

Torino rappresenta circa la metà della Città Metropolitana, e un quarto della Regione, tuttavia non si è dotata di un Piano di Gestione Rifiuti: mancano quindi obiettivi di prevenzione e riduzione.

Invertire la rotta è possibile e, soprattutto, ineludibile. Le risorse limitate, la crescita demografica, la richiesta crescente di materie prime, spesso importate da paesi politicamente instabili, impongono il passaggio all’economia circolare. Con le nuove norme approvate dal Parlamento europeo, che gli stati membri dovranno recepire entro due anni, l’Ue investe in questa direzione.

La raccolta differenziata è il primo, fondamentale passo, verso la gestione accorta dei rifiuti solidi urbani e la riduzione di sprechi, dei costi di smaltimento e dell’inquinamento ambientale. Plastica, carta, vetro e umido sono i materiali di uso quotidiano più comuni che possono e devono essere correttamente conferiti e smistati. Ma il senso civico e di responsabilità che lega ciascun cittadino al proprio territorio, a volte può non bastare.

Attraverso il porta/porta l’utente ha una relazione, un rapporto, un controllo dei condomini virtuosi anche per non subire sanzioni. Si crea una identificazione fra il proprio rifiuto e l’idea di porlo negli appositi cassonetti, una nova e virtuosa abitudine e ben sappiano che tale metodologia fornisce risultati oltre il 65% di raccolta differenziata. Il porta/porta viene praticato in tutta Italia, ormai sono milioni di utenze convinte di questa pratica ed i risultati sono molto positivi.

2.4 Acqua pubblica (relazione integrata con il contributo arrivato dal Comitato Acqua Pubblica)

Secondo l’annuale rapporto di Legambiente, nel 2018 la città più ecologica d’Italia è stata Mantova. Il capoluogo lombardo rappresenta un’eccellenza di sostenibilità applicata a tutte le sfere della pubblica amministrazione, compreso il risparmio idrico. Nel 2018, infatti, il comune ha potenziato il sistema di depurazione dei reflui e del contenimento delle perdite di acqua potabile dalla rete idrica, registrando un tasso di dispersione molto più basso della media italiana. Guardando alla vita di tutti i giorni, è fondamentale incentivare il più possibile i cittadini al consumo dell’acqua di rubinetto. Non solo quella in bottiglia è meno sostenibile per l’ambiente, ma è anche più cara e non necessariamente più buona dell’acqua pubblica.

Per quanto riguarda la SMAT SpA e la gestione del Servizio idrico, vogliamo mettere in risalto alcuni punti importanti per la futura Amministrazione Comunale:

  • Se l’acqua e la sua gestione devono essere sottratti alla logica del mercato, il Servizio Idrico, nel suo porsi come acquirente e stazione appaltante, ha l’interesse e il dovere di massimizzare l’apertura al mercato. Si tratta in questo caso, a differenza dell’acqua (bene comune), di beni e servizi fungibili che non sono monopoli naturali e nemmeno immediatamente strumentali all’esercizio di diritti.

  • La valutazione costi/benefici degli investimenti deve essere fatta su scala temporale adeguata, rapportata al tempo di reale utilizzo e non solo quello dell’ammortamento contabile. In questa scala temporale devono venire computati e attualizzati tutti i flussi derivanti dall’attività conservativa e manutentiva.

  • Le esternalizzazioni non sono la miglior soluzione nell’abbattimento dei costi. Occorre analizzarne l'impatto, non solo nel breve, ma anche nel medio e lungo periodo, sull'azienda e sul suo posizionamento strategico nel sistema industriale torinese.

  • Si deve creare uno strumento che metta a disposizione della proprietà la possibilità di monitorare in tempo reale l’andamento dei centri di responsabilità, individuati in modo preciso e dettagliato, in termini sia di costi e benefici che di status fisico del patrimonio: diventa un autentico strumento di controllo democratico e di gestione partecipativa del Bene Comune. È importante che ai costi e benefici finanziariamente misurabili si affianchi un’analoga analisi di tutte le esternalità sociali e ambientali con identico livello di dettaglio e che la qualità rimanga una priorità.

2.5 Piano Regolatore Generale (relazione integrata con il contributo arrivato dall’associazione ATTAC Torino)

Per quanto riguarda il Piano Regolatore Generale, vogliamo mettere in risalto alcuni punti importanti per la futura Amministrazione Comunale:

  • Proponiamo una maggiore partecipazione dal basso alla formazione delle decisioni di governo urbanistico della città, riconoscendo a tali realtà di base e di movimento, pari dignità di interlocuzione con l’amministrazione comunale;

  • Ritenendo i presunti vantaggi dell’accorpamento assolutamente contrari all’interesse della collettività torinese, proponiamo la cancellazione della proposta di accorpamento delle destinazioni d’uso edilizie e delle Aree Normative suddette;

  • Si propone che nelle Norme Tecniche di Attuazione – NTA e nel Regolamento Edilizio della Città siano introdotte le seguenti prescrizioni per gli interventi di nuova costruzione o ristrutturazione urbanistica:

    • il recupero e l'utilizzo delle acque piovane per gli usi compatibili;

    • la realizzazione di reti idriche duali e l’installazione di dispositivi per il risparmio idrico nell’edilizia di servizio, residenziale e produttiva;

    • la realizzazione di sistemi di raccolta delle acque piovane in adeguati serbatoi a servizio degli usi compatibili (es. lavatrici, scarico wc, irrigazione). Questa prescrizione, oltre a consentire un notevole risparmio di acqua potabile, contribuirebbe alla diminuzione del rischio allagamento grazie alla riduzione dello scorrimento superficiale delle acque meteoriche, soprattutto in occasione degli eventi estremi sempre più frequenti. Inoltre si andrebbe ad alleggerire il carico fognario riducendo il rischio di inquinamento dei corpi idrici superficiali dovuto all'entrata in funzione dei “troppo pieni” delle condotte fognarie;

  • Riteniamo indispensabile il superamento della normativa esistente, allo scopo di creare le condizioni urbanistiche necessarie per la soluzione dell’emergenza abitativa;

  • Proponiamo che l’Amministrazione Comunale non si limiti a evidenziare, doverosamente, un’emergenza sfratti – soprattutto per morosità incolpevole - tra le più gravi del Paese - e la situazione dolorosa di ben 13.675 famiglie in attesa da anni di una casa popolare, ma che modifichi radicalmente la destinazione d’uso e gli indici di edificabilità della parte non ancora attuata delle ZT e delle ZTS al fine prioritario di soddisfare il fabbisogno di abitazioni popolari e di servizi pubblici locali, a partire da quelli sanitari e sociali, tanto più che l’Amministrazione non esclude di ricorrere anche all'esproprio in applicazione di quanto disposto all’art. 46 della LUR “Comparti di intervento e di ristrutturazione urbanistica ed edilizia. Esproprio ed utilizzazione degli immobili espropriati”;

  • Prima che sia troppo tardi, proponiamo la conferma degli obiettivi indicati dal Consiglio comunale in data 13 febbraio 2017 con l’Odg n. 4, soprattutto per quanto riguarda il ruolo finanziario di Cassa Depositi & Prestiti nel reperimento dei fondi necessari a garantire il reintegro della porzione cartolarizzata della Cavallerizza Reale al Patrimonio della Città. Tale reintegro è giustificato e reso possibile dall’art. 3 comma 17 della Legge 23 novembre 2001 n. 410 che consente agli enti pubblici territoriali di rendersi acquirenti di beni immobili cartolarizzati a condizione che si tratti di beni immobili ad uso non residenziale da destinare a finalità istituzionali degli enti stessi. Poiché tra i fini statutari della Città di Torino (Art. 3) risultano quelli attinenti alla promozione dello sviluppo civile, politico, economico, sociale e culturale del proprio territorio, proprio a tali fini fa riferimento la delibera del Comune di Torino n. 07072/131 del 21/12/2015 che ha decartolarizzato il Maneggio reale.

2.6 Alcune idee per rendere Torino più verde e sostenibile

Perché il concetto di “città sostenibile” non diventi pura utopia, occorre partire da modelli concreti realizzabili sul territorio, in grado cioè di innescare un cambiamento, partendo però da idee semplici ed efficaci. Ciò che non può mancare in una città sostenibile e smart è l’insieme dei servizi, delle infrastrutture e delle tecnologie che fanno di una città qualsiasi una sorta di laboratorio del cambiamento. Allora cosa non può proprio mancare in una città davvero sostenibile? Quali sono le iniziative che, in Italia, stanno già facendo intravedere un cambiamento in chiave ecologica?

  • Wi-Fi dappertutto, per tutti.

Le reti Wi-Fi devono essere pubbliche e condivisibili. A Bologna, Milano e Roma tutto ciò è già realtà. La rete rappresenta la porta di accesso ad una serie di servizi imprescindibili, all’informazione e alla condivisione “social” tra cittadini, istituzioni e aziende. Questi servizi imprescindibili sono le piccole azioni quotidiane che possono innescare un cambiamento reale nelle abitudini delle persone e delle comunità. Senza accesso alla rete non può esserci integrazione né connettività.

  • Più verde urbano.

Una delle 10 mosse indicate anche da Legambiente per riqualificare le nostre città e farle uscire dalla cappa di smog è ridisegnare gli spazi urbani in un’ottica di maggiore fruibilità e accrescere il verde pubblico. Piantare qualche albero, ad esempio, è più che sufficiente per rinfoltire il verde urbano. Gli alberi proteggono gli edifici dalle escursioni termiche, consentono un risparmio energetico medio del 10%, assorbono grandi quantitativi di CO2 e forniscono riparo e protezione alla fauna urbana, favorendo la conservazione della biodiversità. Senza considerare che una città con più verde è anche una città più bella. Un’altra idea potrebbe essere incentivare a ricoprire i tetti di verde, i quali aiuterebbero a ridurre il caldo negli edifici d’estate e ad isolare parzialmente d’inverno.

  • Agricoltura in città

A Torino ci sono due-tre milioni di mq di terreni non ancora compromessi da costruzioni, strade o altre infrastrutture. Potrebbero essere riconvertiti all’agricoltura ed alla forestazione, con beneficio per il suolo che non verrebbe consumato, mantenendo quindi la sua permeabilità, e per la qualità dell’aria. A questo proposito, il 23 dicembre del 1917, il Consiglio Comunale aveva votato una mozione che impegnava la Giunta ad attivarsi per questa soluzione nella Revisione del PRG.

Quella degli orti sociali è un’esperienza di successo già ampiamente sperimentata dalle politiche di eco-socialità aggregata di molte realtà urbane italiane. Il meccanismo funziona più o meno così: si prende un terreno incolto e abbandonato e lo si mette a disposizione della comunità perché venga coltivato. Così, quello che fino a un attimo prima era un luogo lasciato all’incuria e al degrado, diventa uno spazio di rigenerazione ambientale, sociale ed economica. L’agricoltura di comunità, infatti, ha un ruolo specifico nella conservazione del territorio e nella tutela della biodiversità urbana. Senza considerare che è un’occasione di inclusione sociale per gli anziani e per le categorie più deboli.

Perché l’agricoltura in città? Intanto perché avvicinare la campagna alla città è un’operazione culturale di ampia portata, per la conoscenza e l’interazione tra chi produce e chi consuma, spesso senza sapere l’origine dei prodotti e della loro produzione, e poi per altre molteplici opportunità, quali:

  • agricoltura di qualità e biologica;

  • market farmer, ovvero vendita diretta dei prodotti a km 0;

  • fattorie didattiche per le scuole;

  • corsi di formazione professionale con inserimento lavorativo, soprattutto per persone svantaggiate o per chi nutre tale passione;

  • recupero e ristrutturazione di vecchi cascinali;

  • costituzione di aree forestali, utili per la depurazione dell’aria in prossimità della città e lo sviluppo di avifauna e di biodiversità;

  • fitodepurazione, laddove possibile, di terreni contaminati, in modo naturale, senza interventi chimici;

  • orti urbani.

Nella revisione del PRG sono state inserite le ZAE (Zone Agricole Ecologiche) che comprendono in prevalenza i terreni già coltivati. Vedremo se sarà dato spazio anche a queste proposte.

  • Stop al consumo del suolo.

Per azzerare il consumo di suolo in città. La strategia su cui orientare le politiche di gestione del territorio a livello locale deve mirare alla valorizzazione del patrimonio edilizio pubblico e privato esistente. Il parlamento ha recentemente approvato un disegno di legge che regolamenta e contiene il consumo del suolo. Ma c’è chi si è già dato da fare, come la Toscana, che è la prima regione italiana ad essersi dotata di una legge urbanistica ad hoc per tutelare il territorio dall’urbanizzazione selvaggia, inoltre il Parlamento ha approvato a maggio 2016 una regolamentazione che contenga il consumo di suolo.

  • Mobilità dolce.

La ricetta della mobilità sostenibile in città è molto chiara consiste di 4 semplici ingredienti di facile reperibilità: condivisione di mezzi e servizi (sharing mobility), potenziamento del trasporto pubblico (ad esempio trasporto metropolitano), ampliamento delle piste ciclabili urbane e suburbane, blocchi e limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti. Alcune città stanno sperimentando la creazione di una tessera che permetta di utilizzare metropolitana, tram, bus, car sharing e bike sharing, capace di consentire anche l’uso di veicoli in condivisione, cosa che faciliterebbe decisamente l’impiego di diverse modalità di spostamento (intermodalità). Uno dei maggiori motivi di rallentamento mattutino del traffico è il viavai scolastico. Per ridurlo, si devono realizzare percorsi protetti per gli spostamenti casa-scuola a piedi o in bicicletta come il bicibus e il Bike to school, ma anche insegnare ai bimbi come spostarsi con laboratori e uscite didattiche con mezzi sostenibili. Certo, la rivoluzione della mobilità urbana potrà dirsi compiuta solo quando le fonti energetiche saranno rinnovabili e pulite, ma nel frattempo si può percorrere la strada della sostenibilità prendendo qualche scorciatoia. Il Comune può incentivare su scala locale gli acquisti di veicoli a combustibili ecologici e incoraggiare la diffusione di punti di distribuzione di energia, come ha fatto il Giappone dove ci sono più colonnine di ricarica per le auto elettriche che distributori di benzina. Una città sostenibile deve trasformare il parco veicolare circolante pubblico e privato, con incentivi per l’acquisto per nuovi taxi elettrici e ibridi e per nuovi veicoli merci. Su ottomila vetture che compongono il parco taxi di Roma, due sono auto elettriche. Anche in questo caso, non mancano di certo gli esempi pratici a cui spirarsi. Con più di 3 mila auto a disposizione dei cittadini, Milano è la primatista nazionale in fatto di car sharing. In toscana, invece, il piccolo comune di Massarosa ha fatto suo il modello francese basato sui “buoni mobilità”: dal 2015, parte dei soldi incassati dal comune per le multe, viene investito in rimborsi chilometrici destinati ai cittadini che si muovono a piedi o in bici anziché in auto. Inoltre, con la collaborazione tra pubblico e privato, tra grandi aziende e l’amministrazione pubblica, è possibile immaginare sistemi che facilitano ai cittadini il raggiungimento dei mezzi pubblici e la percorrenza del fatidico “ultimo miglio”, come dimostra l’esperimento di Grenoble.

  • Riscaldare senza inquinare.

Per ridurre l’inquinamento in città, non si può prescindere da una politica di regolamentazione, rigorosa e inflessibile sull’uso del riscaldamento negli edifici. Al bando i combustibili fossili, ad esclusione del metano, e via libera all’incentivazione di tecnologie che migliorano l’efficienza delle case. Fondamentale è il rispetto dell’obbligo di applicazione della contabilizzazione del calore nei condomini e della manutenzione delle caldaie, in un’ottica di riduzione sistematica ed effettiva dei consumi energetici e delle relative emissioni inquinanti. Teleriscaldamento, fotovoltaico, micro-eolico, solare termico sono alcune delle soluzioni che possono e devono trovare spazio nelle nostre città per ridisegnare il futuro dell’energia nazionale. Chi investe molto sul solare è Padova, che nel 2018 ha teleriscaldato 6mila studenti delle superiori con i pannelli fotovoltaici, inoltre con l’applicazione del fotovoltaico abbinato alle pompe di calore, si possono riscaldare e raffrescare gli edifici praticamente a costo zero.

  • Documenti digitali nella pubblica amministrazione.

Carta, carta e ancora carta. Il terzo millennio dovrebbe dire basta ai documenti cartacei quando li si può facilmente sostituire con file elettronici da scaricare e salvare su uno smartphone, ad esempio.

  • Scuole come luoghi di cultura e servizi, aperte anche il pomeriggio.

Immaginare i complessi scolastici come luoghi di aggregazione post-lezione, con corsi aperti, spazi di socialità e per lo sport, la lettura, l’informazione e la cultura.